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Pagine di guerra, tra storia, vita quotidiana e fatalità. L’affondamento del rimorchiatore Sperone

Pubblicato | da Michele Tursi

La storia, le tragedie della guerra, si intrecciano con le vicende umane, con la vita quotidiana, con piccole e grandi coincidenze che, talvolta, possono mutare il corso degli eventi.

Il 22 settembre del 1943, al largo dell’Isola di San Paolo, il rimorchiatore Sperone affondò dopo aver urtato una mina tedesca. Il rimorchiatore, al comando del 2° capo nocchiere Elio Cesari, effettuava il consueto servizio di trasporto viveri e merci varie per gli insediamenti militari sulle Isole Cheradi (San Pietro e San Paolo). Alle 13.50 l’esplosione. In poco tempo l’imbarcazione si inabissò.

Appena udito lo scoppio, dall’isola di San Paolo partirono tutti i mezzi disponibili per soccorrere i naufraghi. A bordo c’erano 148 uomini, tra equipaggio, personale di passaggio e militari che si recavano in franchigia: di questi, 51 furono i feriti, 97 le vittime.

Consentitemi, ora, di proseguire il racconto con un ricordo che appartiene alla mia famiglia. Dal 1940, mio nonno, Nicola Marangione, “zio Colino” per gli amici della città vecchia, era in servizio sull’isola di San Paolo. Da civile era ostricoltore nella “Regia Azienda”. Il mare era la sua vita. Nei momenti di pausa, con altri commilitoni, si dedicava alla pesca con la nassa. Quel giorno fecero il pieno di triglie, orate e “pettinesse”. Da tempo, però, avevano notato che una mano ignota faceva misteriosamente sparire una parte del pescato.

In quel periodo, mia nonna, mia madre, gli altri fratelli e le sorelle, avevano lasciato la casa in via Garibaldi 250 per sfuggire ai ripetuti bombardamenti dell’estate del ’43. Trovarono ospitalità nell’abitazione di un “compare” a Crispiano. Proprio qui “zia Catarì”, mia nonna, alcune ore dopo, apprese dell’esplosione da un panettiere della città vecchia che si riforniva di farina nelle masserie della provincia.

Povera donna, a momenti ci restava secca. Il panettiere, infatti, sapendo che mio nonno era a San Paolo le disse che era esploso e affondato il rimorchiatore con il quale rientrava “zio Colino”. In tutta fretta e sconvolta dalla paura, mia nonna tornò a Taranto con il furgone del panettiere.

In città vecchia l’agitazione era fortissima. Mia nonna, in lacrime, si diresse verso casa. Temeva il peggio: in strada dicevano che non si era salvato nessuno. Spalancò la porta. Mio nonno era in piedi. Fumava agitato. In mano stringeva un secchio. Era vivo per miracolo. Anzi no, era vivo per il pesce. Per incastrare la mano lesta che alleggeriva il bottino di pesca, era rimasto sull’isola e non si era imbarcato sul rimorchiatore delle 13 come faceva quasi tutti i giorni. Si è spento 41 anni dopo, all’età di 83 anni.
Il tragico affondamento dello Sperone è ricordato con una targa in marmo posta su un edificio dell’Isola di San Pietro.