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Piano ambientale ex Ilva, si pronuncerà il Consiglio di Stato

Pubblicato | da Redazione

Sono legittime le modifiche al piano ambientale dell’ex Ilva che hanno protratto sino al 2023 l’adeguamento degli impianti? L’interrogativo è oggetto di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica su cui si pronuncerà il Consiglio di Stato.

L’iniziativa legale è stata promossa da Lina Ambrogi Melle, ecologista, già consigliere comunale di Taranto e vi hanno aderito altri cittadini e associazioni ambientaliste. “I legali dello studio legale internazionale Saccucci di Roma – spiega in una nota stampa – che hanno rappresentato 130 cittadini di Taranto davanti alla Corte dei Diritti dell’Uomo che ha condannato l’Italia per la questione Ilva, hanno depositato il 27 gennaio 2018 un ricorso straordinario al presidente della Repubblica per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, del decreto del presidente del consiglio dei ministri (Dpcm) del 29 settembre 2017 che ha nuovamente modificato il piano ambientale azzerando le diffide Ispra (che avrebbero portato al fermo degli impianti dell’area a caldo dell’ex Ilva secondo l’art. 29 decies del Codice dell’Ambiente) e rinviando un’altra volta l’attuazione degli interventi previsti sugli impianti fino al 2023”.

“Il Ministero dell’Ambiente e l’Ilva S.p.A. in amministrazione straordinaria – aggiunge Lina Ambrogi Melle – hanno trasmesso il 13 aprile 2018 la propria relazione istruttoria e le deduzioni difensive. Nel mese di settembre 2018 il siderurgico è stato ceduto alla società AMInvestCo. Il 10 ottobre 2018 i legali dei ricorrenti hanno trasmesso in risposta una memoria di replica unitamente ad una richiesta di sollecita trattazione dell’istanza cautelare volta alla sospensione del Dpcm del 29 settembre 2017”.

Il 24 gennaio 2019 è stata pubblicata la sentenza della Corte dei Diritti dell’Uomo che ha accertato che le autorità italiane non hanno adottato le misure necessarie a garantire la protezione effettiva del diritto alla salute dei residenti nei comuni limitrofi allo stabilimento Ilva di Taranto a causa dell’inquinamento prodotto che prosegue ancora oggi mettendo in pericolo la salute della popolazione residente nei Comuni a rischio.

“Poiché sussiste uno stretto collegamento tra le violazioni lamentate nel predetto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica per l’annullamento del Dpcm del 29 settembre 2017 e quelle accertate dalla Corte dei Diritti dell’uomo ed è trascorso un anno dalla data di deposito del ricorso unitamente alla richiesta di sospensiva del DPCM del 29 settembre 2017, ma nessuna decisione è stata assunta sinora dal Consiglio di Stato, i legali hanno depositato in data 30 gennaio 2019 una ulteriore richiesta per sollecitare la trattazione urgente dell’istanza di sospensione del provvedimento impugnato per la situazione di inaccettabile esposizione al rischio sanitario da ultimo accertata dalla Corte dei Diritti dell’Uomo con la sentenza del 24 gennaio 2019”.

I ricorrenti esprimono “grande apprezzamento per il rinvio alla Consulta della legge sull’Immunità ad opera del gip Benedetto Ruberto, che nelle motivazioni ha fatto riferimento anche alla sentenza della Cedu. Tale richiesta di rinvio alla Consulta della immunità è contenuta anche nel nostro ricorso straordinario al Presidente della Repubblica unitamente ad una richiesta di rinvio pregiudiziale di tale norma alla Corte di Giustizia di Lussemburgo. Siamo fiduciosi che presto ci sarà giustizia anche per Taranto e che il Governo italiano sarà costretto a porre rimedio ad una gravissima situazione di pericolo per la salute di tutti noi tarantini”.